giovedì 16 aprile 2015

Maoismo e dintorni: La Chinoise di Jean-Luc Godard e I Sognatori di Bernardo Bertolucci


Anche il cinema risentì dell’ondata rivoluzionaria che travolse l’Occidente, o forse sarebbe più corretto affermare che in taluni casi fu proprio il grande schermo ad animare gli animi delle proteste.
A partire dal Febbraio 1959 comparse il termine Nouvelle Vague, in riferimento ad una nuova tendenza nella produzione cinematografica. L’espressione, in un primo momento utilizzata in senso dispregiativo per indicare giovani registi dallo stile poco professionale, si affermò poi come nome ufficiale di un movimento che avrebbe caratterizzato parte della produzione cinematografica francese fino agli inizi degli anni Settanta.
Tra i luminari di tale movimento, Jean-Luc Godard fu colui che, forse più di tutti, si distinse per l’appartenenza politica. Il regista, proveniente da una delle famiglie protestanti più facoltose della Francia, nei tardi anni Sessanta si “convertì” alla dottrina maoista. Godard vedeva in Mao il profeta della rivoluzione, artefice di un nuovo sistema che avrebbe potuto cambiare le sorti politiche del mondo intero[1]. La relazione con l’attrice Anne Wiazemsky e l’amicizia con il regista Jean-Pierre Gorin, entrambi convinti maoisti, accentuò l’adesione di Godard all’ala radicale della sinistra, tanto da dar vita al Gruppo Dziga Vertov, un collettivo di cineasti il cui scopo era la creazione di film politicamente impegnati.
Nel 1967 il regista esce nelle sale con il film La Chinoise che racconta le vicende di un gruppo di cinque studenti parigini che trascorrono una intera estate a studiare testi di politica marxista e ad escogitare come applicare il Maozedong Pensiero nella società e nella vita di tutti i giorni.  Concordi sul fatto che la violenza fosse uno stadio necessario per la realizzazione di una società più giusta, la banda decide infine di procedere ad un
omicidio politico e di escludere dal gruppo uno dei componenti per essersi mostrato contrario alla decisione. La vicenda avrà però una tragica conclusione, la ragazza incaricata di assassinare il politico, sbaglierà bersaglio e ucciderà l’uomo sbagliato. Uno dei compagni, confessato l’omicidio, si toglierà la vita. Finita l’estate, i componenti del gruppo rimasti torneranno ognuno nelle proprie case convinti del fatto che, malgrado l’errore, avessero tutti compiuto dei passi in avanti nel loro sogno della rivoluzione.
Fotogramma dal Film La Chinoise, (http://www.flickriver.com/)



Il film riproduce la società socialista rappresentata da questo gruppo di studenti che vive isolato da interferenze ideologiche esterne e progetta la realizzazione di una società a loro detta più giusta della corrente, con gli annessi danni collaterali che può portare un cambiamento radicale tale è quello che viene richiesto. La società socialista è anche la società dove le voci fuori dal coro vengono messe a tacere (come Godard evidenzia facendo eliminare il giovane dal gruppo) e dove gli errori costano la vita degli uomini, talvolta sbagliati. Nella scena dell’omicidio inoltre, la ragazza imbrattata di sangue, si nasconde in una trincea di libretti rossi, quasi come se l’autore volesse affermare che questo libro, di cui anche lui si mostra pienamente convinto della validità, sia utilizzato come strumento dietro al quale possa essere compiuto qualsiasi tipo di atto violento. Sebbene il regista fosse un grande ammiratore dell’ideale rivoluzionario maoista, è probabile che abbia comunque cercato di denunciare le conseguenze di un sistema politico basato sull’arbitrarietà e l’impreparazione[2].
L’irriverenza e il carattere provocatorio della pellicola, mostrato dai ripetuti slogan maoisti recitati a memoria dai protagonisti, dai manifesti che ritraggono il Presidente appesi alle pareti della casa e dalla colonna sonora stessa, furono una fonte di ispirazione per i movimenti del Sessantotto parigini, di appena un anno più tardi.
Fotogramma dal film I Sognatori, Bernardo Bertolucci, 2003, (www.swoonsandsnarls.wordpress.com)



È proprio ai moti parigini che si ispira il film
I sognatori di Bernardo Bertolucci, prodotto nel 2003. Il regista, come afferma in un’intervista, era un grande ammiratore di Jean-Luc Godard, tanto da definirlo il suo guru. In un aneddoto raccontato nell’intervista, Bertolucci ricorda il momento in cui, all’uscita del film Il Conformista, Godard gli consegnò un foglio con sopra l’immagine di Mao e l’esortazione a combattere contro l’individualismo e il capitalismo[3]. Sebbene abbia sempre manifestato simpatia per la sinistra, Bertolucci non fu mai un maoista convinto. Nel film I Sognatori, il regista propone la storia di tre giovani, affascinati da Mao e dal cinema. Due gemelli incestuosi Théo e Isabelle, incontrano Matthew, per il quale nutrono subito una sincera simpatia. D’altro canto questo si mostrerà attratto e contemporaneamente spaventato dal rapporto simbiotico di questi due fratelli. Come in La Chinoise, i protagonisti di I Sognatori vivono la propria vita esclusi dal resto del mondo, chiusi nella casa dei genitori, leggendo il Libretto Rosso o riproducendo scene dei film preferiti, tra cui Bande à part di Godard.

Mao, che compare in più forme all’interno della casa, è qui concepito dai giovani fratelli, non solo come Grande Timoniere di una rivoluzione giusta, ma anche come un grande cineasta che dirige le mosse di milioni di Guardie Rosse.


Isabelle: Matthew, tu sei un grande esperto di cinema, vero?
Matthew: sì.
Isabelle: allora perché non pensi a Mao come ad un grande regista che fa un film con un cast di milioni di persone?  Questi milioni di Guardie Rosse che marciano insieme verso il futuro, con il Libretto Rosso nelle mani. Libri, non pistole. Cultura, non violenza. Puoi immaginare che bel film che ne uscirebbe?[4]






Fotogramma dal film I Sognatori, Bernardo Bertolucci, 2003, (www.waxinandmilkin.com

A queste parole Matthew proverà ad argomentare che in un film in cui milioni di persone marciano sventolando lo stesso libro, cantando la stessa canzone e ripetendo lo stesso slogan, ogni personaggio è nient’altro che una comparsa.  Ammettendo il proprio dubbio in merito alla reale convinzione della validità delle teorie maoiste da parte dei fratelli, il giovane li accuserà di condurre una vita borghese, al punto di preferire di rimanere chiusi in casa piuttosto che scendere in strada a cambiare il mondo.
La visione di Mao come un regista che Bertolucci attribuisce a Matthew, non ha un valore casuale. Lo stesso regista affermò infatti:

Vivevo la Rivoluzione Culturale come una grandiosa rappresentazione, con un vecchio regista di nome Mao Zedong, che dirige milioni di comparse giovanissime concepite e allevate apposta. Mi attraeva soprattutto l’estetica della Rivoluzione Culturale, come teatro nelle strade: post-Living Theatre, pre-Pina Bausch”[5]

Con una commistione tra promiscuità e disagio giovanile, Bertolucci presenta la storia di una generazione confusa che ha perso di vista i propri obiettivi. I tre giovani si renderanno poi conto che la loro è un’esistenza inutile alla società, usciranno di casa e prenderanno strade diverse, i fratelli si separeranno da Matthew e si uniranno alla lotta.





[1] MAC CABE, Colin, Godard: A Portrait of the Artist at Seventy, Faber and Faber, New York, 2005, p. 195
[2] La Chinoise, 2013, http://wwwnewwavefilm.com/french-new-wave-encyclopedia/la-chinoise.shtml
[3] JEFFRIES, Stuart, Films are a way to kill my father, 2014, http://www.theguardian.com/film/2008/feb/22/1, 22/02/2008
[4] Tradotto da: The Dreamers Script - Dialogue Transcript, http://www.script-o-rama.com/movie_scripts/d/dreamers-script-transcript-eva-green.html
[5]KLINE, Thomas Jefferson, I film di Bernardo Bertolucci: cinema e psicanalisi, Gremese Editore, Roma, 1993, p. 153

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