venerdì 17 aprile 2015
Artista CINAsci: Ash By Zhang Huan
Artista CINAsci: Ash By Zhang Huan: Zhang Huan utilizza la cenere di incenso nella realizzazione dei propri lavori, nello specifico scultura e pittura. Perchè lo fa? L'...
giovedì 16 aprile 2015
Maoismo e dintorni: La Chinoise di Jean-Luc Godard e I Sognatori di Bernardo Bertolucci
Anche il cinema risentì dell’ondata
rivoluzionaria che travolse l’Occidente, o forse sarebbe più corretto affermare
che in taluni casi fu proprio il grande schermo ad animare gli animi delle
proteste.
A partire dal Febbraio 1959
comparse il termine Nouvelle Vague, in riferimento ad una nuova tendenza nella
produzione cinematografica. L’espressione, in un primo momento utilizzata in
senso dispregiativo per indicare giovani registi dallo stile poco
professionale, si affermò poi come nome ufficiale di un movimento che avrebbe
caratterizzato parte della produzione cinematografica francese fino agli inizi
degli anni Settanta.
Tra i luminari di tale movimento,
Jean-Luc Godard fu colui che, forse più di tutti, si distinse per
l’appartenenza politica. Il regista, proveniente da una delle famiglie
protestanti più facoltose della Francia, nei tardi anni Sessanta si “convertì”
alla dottrina maoista. Godard vedeva in Mao il profeta della rivoluzione,
artefice di un nuovo sistema che avrebbe potuto cambiare le sorti politiche del
mondo intero[1].
La relazione con l’attrice Anne Wiazemsky e l’amicizia con il regista
Jean-Pierre Gorin, entrambi convinti maoisti, accentuò l’adesione di Godard
all’ala radicale della sinistra, tanto da dar vita al Gruppo Dziga Vertov, un
collettivo di cineasti il cui scopo era la creazione di film politicamente
impegnati.
Nel 1967 il regista esce nelle sale
con il film La Chinoise che racconta
le vicende di un gruppo di cinque studenti parigini che trascorrono una intera
estate a studiare testi di politica marxista e ad escogitare come applicare il
Maozedong Pensiero nella società e nella vita di tutti i giorni. Concordi sul fatto che la violenza fosse uno
stadio necessario per la realizzazione di una società più giusta, la banda
decide infine di procedere ad un
omicidio politico e di escludere dal gruppo uno dei componenti per essersi mostrato contrario alla decisione. La vicenda avrà però una tragica conclusione, la ragazza incaricata di assassinare il politico, sbaglierà bersaglio e ucciderà l’uomo sbagliato. Uno dei compagni, confessato l’omicidio, si toglierà la vita. Finita l’estate, i componenti del gruppo rimasti torneranno ognuno nelle proprie case convinti del fatto che, malgrado l’errore, avessero tutti compiuto dei passi in avanti nel loro sogno della rivoluzione.
omicidio politico e di escludere dal gruppo uno dei componenti per essersi mostrato contrario alla decisione. La vicenda avrà però una tragica conclusione, la ragazza incaricata di assassinare il politico, sbaglierà bersaglio e ucciderà l’uomo sbagliato. Uno dei compagni, confessato l’omicidio, si toglierà la vita. Finita l’estate, i componenti del gruppo rimasti torneranno ognuno nelle proprie case convinti del fatto che, malgrado l’errore, avessero tutti compiuto dei passi in avanti nel loro sogno della rivoluzione.
Fotogramma dal Film La Chinoise, (http://www.flickriver.com/) |
L’irriverenza e il carattere
provocatorio della pellicola, mostrato dai ripetuti slogan maoisti recitati a
memoria dai protagonisti, dai manifesti che ritraggono il Presidente appesi
alle pareti della casa e dalla colonna sonora stessa, furono una fonte di
ispirazione per i movimenti del Sessantotto parigini, di appena un anno più
tardi.
Fotogramma dal film I Sognatori, Bernardo Bertolucci, 2003, (www.swoonsandsnarls.wordpress.com) |
È proprio ai moti parigini che si ispira il film I sognatori di Bernardo Bertolucci, prodotto nel 2003. Il regista, come afferma in un’intervista, era un grande ammiratore di Jean-Luc Godard, tanto da definirlo il suo guru. In un aneddoto raccontato nell’intervista, Bertolucci ricorda il momento in cui, all’uscita del film Il Conformista, Godard gli consegnò un foglio con sopra l’immagine di Mao e l’esortazione a combattere contro l’individualismo e il capitalismo[3]. Sebbene abbia sempre manifestato simpatia per la sinistra, Bertolucci non fu mai un maoista convinto. Nel film I Sognatori, il regista propone la storia di tre giovani, affascinati da Mao e dal cinema. Due gemelli incestuosi Théo e Isabelle, incontrano Matthew, per il quale nutrono subito una sincera simpatia. D’altro canto questo si mostrerà attratto e contemporaneamente spaventato dal rapporto simbiotico di questi due fratelli. Come in La Chinoise, i protagonisti di I Sognatori vivono la propria vita esclusi dal resto del mondo, chiusi nella casa dei genitori, leggendo il Libretto Rosso o riproducendo scene dei film preferiti, tra cui Bande à part di Godard.
Mao, che compare in più forme
all’interno della casa, è qui concepito dai giovani fratelli, non solo come
Grande Timoniere di una rivoluzione giusta, ma anche come un grande cineasta
che dirige le mosse di milioni di Guardie Rosse.
Isabelle:
Matthew, tu sei un grande esperto di cinema, vero?
Matthew: sì.
Isabelle: allora
perché non pensi a Mao come ad un grande regista che fa un film con un cast di
milioni di persone? Questi milioni di
Guardie Rosse che marciano insieme verso il futuro, con il Libretto Rosso nelle
mani. Libri, non pistole. Cultura, non violenza. Puoi immaginare che bel film
che ne uscirebbe?[4]
La visione di Mao come un regista
che Bertolucci attribuisce a Matthew, non ha un valore casuale. Lo stesso
regista affermò infatti:
“Vivevo la
Rivoluzione Culturale come una grandiosa rappresentazione, con un vecchio
regista di nome Mao Zedong, che dirige milioni di comparse giovanissime
concepite e allevate apposta. Mi attraeva soprattutto l’estetica della
Rivoluzione Culturale, come teatro nelle strade: post-Living Theatre, pre-Pina
Bausch”[5]
Con una commistione tra promiscuità
e disagio giovanile, Bertolucci presenta la storia di una generazione confusa
che ha perso di vista i propri obiettivi. I tre giovani si renderanno poi conto
che la loro è un’esistenza inutile alla società, usciranno di casa e
prenderanno strade diverse, i fratelli si separeranno da Matthew e si uniranno
alla lotta.
[1] MAC CABE, Colin, Godard: A Portrait of the Artist at Seventy, Faber and Faber, New York,
2005, p. 195
[2]
La Chinoise, 2013,
http://wwwnewwavefilm.com/french-new-wave-encyclopedia/la-chinoise.shtml
[3] JEFFRIES, Stuart, Films are a way to kill my father, 2014,
http://www.theguardian.com/film/2008/feb/22/1, 22/02/2008
[4] Tradotto da: The Dreamers Script - Dialogue Transcript,
http://www.script-o-rama.com/movie_scripts/d/dreamers-script-transcript-eva-green.html
[5]KLINE,
Thomas Jefferson, I film di Bernardo
Bertolucci: cinema e psicanalisi, Gremese Editore, Roma, 1993, p. 153
Mao e la musica: il caso dei The Beatles e Pink Floyd
Negli anni Sessanta musica e cinema
svolgeranno un importante ruolo sociale: sono gli anni della Nouvelle Vague
francese, dei The Fab Four e della Beatlemania, dei The Rolling Stones, dei
Pink Floyd, di Bob Dylan, eccetera. Queste band diventeranno parte della storia
musicale, ma furono più che semplici complessi. I loro stili di vita saranno
imitati da intere generazioni di giovani e meno giovani, così come si
diffonderanno le oro idee. La musica non si limitò a scrivere canzoni, entrò
nella sfera sociale, propose ideali per cui lottare.
Vignetta ispirata al singolo Revolution (www.nydailynews.com) |
“But if you go carrying pictures of Chairman
Mao
You ain't going to make it with anyone anyhow”
“Ma se continui a portare immagini
del Presidente Mao, non ce la farai con nessuno e niente”: il senso della
strofa è dunque da intendersi contrario all’ideale di rivoluzione decantato da
Mao Zedong. L’idea di fondo del concetto di cambiamento per i The Beatles è che
se nella società continuasse a diffondersi l’idea che la rivoluzione è legata alla
figura di un dittatore e all’uso della violenza, nessuno si convincerà mai
della necessità di un cambiamento radicale, che parte dalla mente di ognuno di
noi. Tuttavia, questa visione negativa del Presidente Mao non sarà quella
definitiva, almeno per quanto riguarda John Lennon. In un’intervista alla
moglie Yoko Ono, lo stesso cantautore riferisce: “Credevo veramente che l’amore
avrebbe potuto salvarci tutti, ma siamo arrivati al punto che indosso una
spilla di Mao, inizio a pensare che stia facendo un buon lavoro[1]”.
Sebbene i The Beatles non
utilizzarono mai direttamente icone del leader cinese, non si potrebbe
affermare che fossero esenti dalle influenze degli ideali rivoluzionari
maoisti, positivamente o negativamente che venissero concepiti.
Un’icona del Presidente la troviamo
invece connessa ad un’altra band britannica, anch’essa ispiratrice delle masse,
e anch’essa tutt’ora in grande voga: i Pink Floyd.
Mao Zedong sullo sfondo della band in tour con l'album The Dark Side of the Moon, 1974, (www.blog.livedoor.jp) |
Vediamo quindi un altro differente
utilizzo dell’immagine di Mao, apparentemente privo di sfondi politici[3] ma
utilizzato come strumento per richiamare il concetto di rivoluzione, proposto
qui non in chiave politica, ma musicale e culturale.
[1] WENNER, Jann S., Lennon remembers, Rolling Stones
Press, London, 2000, pp. 111-112
[2]
JONES, Dalu, SALVIATI, Filippo, COSTANTINO, Mariagrazia, Arte contemporanea cinese, cit.,
p. 65
[3]
L’immagine in questione è di difficile reperibilità, come lo sono le
informazioni riguardanti eventuali adesioni della band al pensiero maoista.
mercoledì 15 aprile 2015
Artista CINAsci: Time Magazine: i dodici volti del Grande Timoniere...
Artista CINAsci: Time Magazine: i dodici volti del Grande Timoniere...: Come suggerito dal titolo, il Time Magazine, settimanale d’informazione statunitense, ha dedicato complessivamente dodici copertine al le...
Time Magazine: i dodici volti del Grande Timoniere
Come suggerito dal titolo, il Time
Magazine, settimanale d’informazione statunitense, ha dedicato complessivamente
dodici copertine al leader cinese. La prima risale al 7 Febbraio 1949, otto
mesi prima della dichiarazione della Repubblica Popolare cinese. L’immagine in
questione è di grande importanza in quanto ebbe la funzione di presentare Mao
al mondo. Lo vediamo qui raffigurato in primo piano, nella classica veste
maoista e coi tratti un po’ marcati, scuri. Sullo sfondo, leggiamo la scritta
“Unione democratica” (Minzhu tongyi, 民主统一). La raffigurazione è
inoltre accompagnata dal titolo dell’articolo contenuto all’interno del numero:
“CHINA’S MAO ZEDONG.
The Communist
Boss learned tyranny as a boy.”
|
Il leader è raffigurato come si è
detto, nella classica veste maoista, a cui sarà fatto giocare un ruolo
importante: la propaganda americana si impegnerà affinchè anche l’utilizzo
della divisa fosse concepita come uno dei motivi per cui rinnegare il
comunismo. Alcuni anni dopo il New York Times pubblicò un articolo in cui sosteneva
che la Cina fosse uno Stato caratterizzato da cattivi gusti, che aveva prodotto
una grigia e rigida esistenza formata dalla standardizzazione, di cui la divisa
maoista ne era il simbolo[3].
Questo dettaglio era nato in relazione ad una delle sei foto di Chiang Kai Shek
apparse sul Time Magazine. Persino la moda dunque, era utilizzata per
dimostrare l’empietà del sistema socialista. L’immagine nasceva dall’esigenza
di pilotare i lettori americani sull’opinione riguardo alla Cina che emergeva.
Il secondo volto di Mao apparso sul
Time risale all’11 Dicembre 1950. Anche questa versione conferma la reputazione
del leader cinese. Mao è ritratto sulla sinistra della copertina, circondato da
uno sciame di cavallette. Questo animale, simbolo di buona fortuna e
prosperità, rappresenta qui il popolo cinese ed è dipinto di rosso, con
riferimento politico. Il titolo dell’articolo è riportato sotto all’immagine:
“RED CHINA’S MAO.
New war, old warlord.”
In altre copertine vediamo il
leader accanto ad Ernesto Guevara (8 Agosto 1960), Jawaharlal Nehru (30
Novembre 1962), e ancora con Nicolae Ceaușescu, Fidel Castro, Leonid Il'ič
Brežnev e Josip Broz Tito (13 Giugno 1969).
Copertina Time Magazine, 11 Dicembre 1950, (www.content.time.com) |
|
Copertina Time Magazine, 21 Marzo 1977, (www.content.time.com) |
Il
21 Marzo 1977, sei mesi dopo la scomparsa del Grande Timoniere, al cui evento
era stata dedicata la copertina del 20 Settembre 1976, il Time propone una nuova
immagine del leader. In primo piano vediamo Jiang Qing, accanto al titolo
dell’articolo correlato: “Mao’s wife tells
her story. From actress to empress”. Sullo sfondo, Mao compare nella stessa
posizione della moglie, come se i due fossero la medesima persona riprodotta
due volte. Il messaggio, sembra essere lo stesso che abbiamo trovato in L’invincibile Pensiero di Mao Zedong
illumina la scena dell’Arte rivoluzionaria dove Jiang Qing, in primo piano, si sovrapponeva all’icona del marito. Lo
stesso accade in questa raffigurazione che sembra voler intendere il ruolo che
la donna sta acquisendo dopo la morte del leader. Da responsabile della cultura
durante la Rivoluzione Culturale, Jiang Qing si metterà infatti a capo della
fazione radicale, la Banda dei Quattro, attingendo potere dal favore personale
del leader. Nel sottotitolo dell’articolo è a proposito scritto: “da attrice a
imperatrice”, sottintendendo non solo il potere della donna, ma anche la
immutata natura imperiale della Cina seppur dopo le due grandi rivoluzioni,
quella del 1912 e quella Culturale.
Copertina Time Magazine, 27 Giugno 2005, (www.content.time.com)
|
L’ultima
copertina che si andrà ad analizzare è stata pubblicata il 27 Giugno 2005.
Vediamo qui Mao, al centro di raggi solari, gli stessi raggi che abbiamo visto
fargli da cornice in molte raffigurazioni durante la Rivoluzione Culturale. È
proprio a questa che allude l’immagine. Come vediamo infatti il titolo
dell’articolo cita: “China’s new revolution. Remaking our world, one deal at a
time”. Mao indossa la divisa ma stavolta marcata Louis Vuitton. È un chiaro
richiamo alla politica denghista e alla trasformazione della Cina in un Paese
consumista, pur rimanendo socialista: quello che Deng Xiaoping chiamò
“Socialismo con caratteristiche cinesi”. Ancora una volta la testata americana
non manca di denunciare un sistema che è basato sulle apparenze, dove di
socialista è rimasta solo l’immagine di Mao e dove la vera rivoluzione, a cui
questo personaggio è associato per antonomasia, è stata l’introduzione di
multinazionali e leggi di mercato. La raffigurazione sottintende anche un altro
messaggio: la Cina non ha il coraggio di prendere una decisione, non può cioè
cancellare il leader dalla propria politica, ma non sa neanche rinunciare ai
vantaggi di una società capitalista.
Come vediamo dunque, le prime
immagini del Grande Timoniere in Occidente erano cariche di quel sentimento anticomunista
che caratterizzò la politica americana della Guerra Fredda. In altri ambiti
artistici l’immagine di Mao ebbe però un ruolo diverso. Alcuni utilizzarono
l’icona del leader cinese per ispirare sentimenti rivoluzionari, altri ne
esaltarono le doti politiche, altri ancora lo trasformarono in una icona pop.
[1] COOK, Alexander C., Mao's Little Red Book: A Global History,
Cambridge University Press, New York, 2014, p. 232
[2] RAO, Nicola, La fiamma celtica, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2010, p.
145
[3] METZGER, Sean, Chinese Looks: Fashion, Performance, Race, Indiana University Press,
Bloomington, 2014, pp.161-163
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