Anche il cinema risentì dell’ondata
rivoluzionaria che travolse l’Occidente, o forse sarebbe più corretto affermare
che in taluni casi fu proprio il grande schermo ad animare gli animi delle
proteste.
A partire dal Febbraio 1959
comparse il termine Nouvelle Vague, in riferimento ad una nuova tendenza nella
produzione cinematografica. L’espressione, in un primo momento utilizzata in
senso dispregiativo per indicare giovani registi dallo stile poco
professionale, si affermò poi come nome ufficiale di un movimento che avrebbe
caratterizzato parte della produzione cinematografica francese fino agli inizi
degli anni Settanta.
Tra i luminari di tale movimento,
Jean-Luc Godard fu colui che, forse più di tutti, si distinse per
l’appartenenza politica. Il regista, proveniente da una delle famiglie
protestanti più facoltose della Francia, nei tardi anni Sessanta si “convertì”
alla dottrina maoista. Godard vedeva in Mao il profeta della rivoluzione,
artefice di un nuovo sistema che avrebbe potuto cambiare le sorti politiche del
mondo intero[1].
La relazione con l’attrice Anne Wiazemsky e l’amicizia con il regista
Jean-Pierre Gorin, entrambi convinti maoisti, accentuò l’adesione di Godard
all’ala radicale della sinistra, tanto da dar vita al Gruppo Dziga Vertov, un
collettivo di cineasti il cui scopo era la creazione di film politicamente
impegnati.
Nel 1967 il regista esce nelle sale
con il film La Chinoise che racconta
le vicende di un gruppo di cinque studenti parigini che trascorrono una intera
estate a studiare testi di politica marxista e ad escogitare come applicare il
Maozedong Pensiero nella società e nella vita di tutti i giorni. Concordi sul fatto che la violenza fosse uno
stadio necessario per la realizzazione di una società più giusta, la banda
decide infine di procedere ad un
omicidio politico e di escludere dal gruppo uno dei componenti per essersi mostrato contrario alla decisione. La vicenda avrà però una tragica conclusione, la ragazza incaricata di assassinare il politico, sbaglierà bersaglio e ucciderà l’uomo sbagliato. Uno dei compagni, confessato l’omicidio, si toglierà la vita. Finita l’estate, i componenti del gruppo rimasti torneranno ognuno nelle proprie case convinti del fatto che, malgrado l’errore, avessero tutti compiuto dei passi in avanti nel loro sogno della rivoluzione.
omicidio politico e di escludere dal gruppo uno dei componenti per essersi mostrato contrario alla decisione. La vicenda avrà però una tragica conclusione, la ragazza incaricata di assassinare il politico, sbaglierà bersaglio e ucciderà l’uomo sbagliato. Uno dei compagni, confessato l’omicidio, si toglierà la vita. Finita l’estate, i componenti del gruppo rimasti torneranno ognuno nelle proprie case convinti del fatto che, malgrado l’errore, avessero tutti compiuto dei passi in avanti nel loro sogno della rivoluzione.
Fotogramma dal Film La Chinoise, (http://www.flickriver.com/) |
L’irriverenza e il carattere
provocatorio della pellicola, mostrato dai ripetuti slogan maoisti recitati a
memoria dai protagonisti, dai manifesti che ritraggono il Presidente appesi
alle pareti della casa e dalla colonna sonora stessa, furono una fonte di
ispirazione per i movimenti del Sessantotto parigini, di appena un anno più
tardi.
Fotogramma dal film I Sognatori, Bernardo Bertolucci, 2003, (www.swoonsandsnarls.wordpress.com) |
È proprio ai moti parigini che si ispira il film I sognatori di Bernardo Bertolucci, prodotto nel 2003. Il regista, come afferma in un’intervista, era un grande ammiratore di Jean-Luc Godard, tanto da definirlo il suo guru. In un aneddoto raccontato nell’intervista, Bertolucci ricorda il momento in cui, all’uscita del film Il Conformista, Godard gli consegnò un foglio con sopra l’immagine di Mao e l’esortazione a combattere contro l’individualismo e il capitalismo[3]. Sebbene abbia sempre manifestato simpatia per la sinistra, Bertolucci non fu mai un maoista convinto. Nel film I Sognatori, il regista propone la storia di tre giovani, affascinati da Mao e dal cinema. Due gemelli incestuosi Théo e Isabelle, incontrano Matthew, per il quale nutrono subito una sincera simpatia. D’altro canto questo si mostrerà attratto e contemporaneamente spaventato dal rapporto simbiotico di questi due fratelli. Come in La Chinoise, i protagonisti di I Sognatori vivono la propria vita esclusi dal resto del mondo, chiusi nella casa dei genitori, leggendo il Libretto Rosso o riproducendo scene dei film preferiti, tra cui Bande à part di Godard.
Mao, che compare in più forme
all’interno della casa, è qui concepito dai giovani fratelli, non solo come
Grande Timoniere di una rivoluzione giusta, ma anche come un grande cineasta
che dirige le mosse di milioni di Guardie Rosse.
Isabelle:
Matthew, tu sei un grande esperto di cinema, vero?
Matthew: sì.
Isabelle: allora
perché non pensi a Mao come ad un grande regista che fa un film con un cast di
milioni di persone? Questi milioni di
Guardie Rosse che marciano insieme verso il futuro, con il Libretto Rosso nelle
mani. Libri, non pistole. Cultura, non violenza. Puoi immaginare che bel film
che ne uscirebbe?[4]
La visione di Mao come un regista
che Bertolucci attribuisce a Matthew, non ha un valore casuale. Lo stesso
regista affermò infatti:
“Vivevo la
Rivoluzione Culturale come una grandiosa rappresentazione, con un vecchio
regista di nome Mao Zedong, che dirige milioni di comparse giovanissime
concepite e allevate apposta. Mi attraeva soprattutto l’estetica della
Rivoluzione Culturale, come teatro nelle strade: post-Living Theatre, pre-Pina
Bausch”[5]
Con una commistione tra promiscuità
e disagio giovanile, Bertolucci presenta la storia di una generazione confusa
che ha perso di vista i propri obiettivi. I tre giovani si renderanno poi conto
che la loro è un’esistenza inutile alla società, usciranno di casa e
prenderanno strade diverse, i fratelli si separeranno da Matthew e si uniranno
alla lotta.
[1] MAC CABE, Colin, Godard: A Portrait of the Artist at Seventy, Faber and Faber, New York,
2005, p. 195
[2]
La Chinoise, 2013,
http://wwwnewwavefilm.com/french-new-wave-encyclopedia/la-chinoise.shtml
[3] JEFFRIES, Stuart, Films are a way to kill my father, 2014,
http://www.theguardian.com/film/2008/feb/22/1, 22/02/2008
[4] Tradotto da: The Dreamers Script - Dialogue Transcript,
http://www.script-o-rama.com/movie_scripts/d/dreamers-script-transcript-eva-green.html
[5]KLINE,
Thomas Jefferson, I film di Bernardo
Bertolucci: cinema e psicanalisi, Gremese Editore, Roma, 1993, p. 153
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