Come suggerito dal titolo, il Time
Magazine, settimanale d’informazione statunitense, ha dedicato complessivamente
dodici copertine al leader cinese. La prima risale al 7 Febbraio 1949, otto
mesi prima della dichiarazione della Repubblica Popolare cinese. L’immagine in
questione è di grande importanza in quanto ebbe la funzione di presentare Mao
al mondo. Lo vediamo qui raffigurato in primo piano, nella classica veste
maoista e coi tratti un po’ marcati, scuri. Sullo sfondo, leggiamo la scritta
“Unione democratica” (Minzhu tongyi, 民主统一). La raffigurazione è
inoltre accompagnata dal titolo dell’articolo contenuto all’interno del numero:
“CHINA’S MAO ZEDONG.
The Communist
Boss learned tyranny as a boy.”
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Il leader è raffigurato come si è
detto, nella classica veste maoista, a cui sarà fatto giocare un ruolo
importante: la propaganda americana si impegnerà affinchè anche l’utilizzo
della divisa fosse concepita come uno dei motivi per cui rinnegare il
comunismo. Alcuni anni dopo il New York Times pubblicò un articolo in cui sosteneva
che la Cina fosse uno Stato caratterizzato da cattivi gusti, che aveva prodotto
una grigia e rigida esistenza formata dalla standardizzazione, di cui la divisa
maoista ne era il simbolo[3].
Questo dettaglio era nato in relazione ad una delle sei foto di Chiang Kai Shek
apparse sul Time Magazine. Persino la moda dunque, era utilizzata per
dimostrare l’empietà del sistema socialista. L’immagine nasceva dall’esigenza
di pilotare i lettori americani sull’opinione riguardo alla Cina che emergeva.
Il secondo volto di Mao apparso sul
Time risale all’11 Dicembre 1950. Anche questa versione conferma la reputazione
del leader cinese. Mao è ritratto sulla sinistra della copertina, circondato da
uno sciame di cavallette. Questo animale, simbolo di buona fortuna e
prosperità, rappresenta qui il popolo cinese ed è dipinto di rosso, con
riferimento politico. Il titolo dell’articolo è riportato sotto all’immagine:
“RED CHINA’S MAO.
New war, old warlord.”
In altre copertine vediamo il
leader accanto ad Ernesto Guevara (8 Agosto 1960), Jawaharlal Nehru (30
Novembre 1962), e ancora con Nicolae Ceaușescu, Fidel Castro, Leonid Il'ič
Brežnev e Josip Broz Tito (13 Giugno 1969).
Copertina Time Magazine, 11 Dicembre 1950, (www.content.time.com) |
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Copertina Time Magazine, 21 Marzo 1977, (www.content.time.com) |
Il
21 Marzo 1977, sei mesi dopo la scomparsa del Grande Timoniere, al cui evento
era stata dedicata la copertina del 20 Settembre 1976, il Time propone una nuova
immagine del leader. In primo piano vediamo Jiang Qing, accanto al titolo
dell’articolo correlato: “Mao’s wife tells
her story. From actress to empress”. Sullo sfondo, Mao compare nella stessa
posizione della moglie, come se i due fossero la medesima persona riprodotta
due volte. Il messaggio, sembra essere lo stesso che abbiamo trovato in L’invincibile Pensiero di Mao Zedong
illumina la scena dell’Arte rivoluzionaria dove Jiang Qing, in primo piano, si sovrapponeva all’icona del marito. Lo
stesso accade in questa raffigurazione che sembra voler intendere il ruolo che
la donna sta acquisendo dopo la morte del leader. Da responsabile della cultura
durante la Rivoluzione Culturale, Jiang Qing si metterà infatti a capo della
fazione radicale, la Banda dei Quattro, attingendo potere dal favore personale
del leader. Nel sottotitolo dell’articolo è a proposito scritto: “da attrice a
imperatrice”, sottintendendo non solo il potere della donna, ma anche la
immutata natura imperiale della Cina seppur dopo le due grandi rivoluzioni,
quella del 1912 e quella Culturale.
Copertina Time Magazine, 27 Giugno 2005, (www.content.time.com)
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L’ultima
copertina che si andrà ad analizzare è stata pubblicata il 27 Giugno 2005.
Vediamo qui Mao, al centro di raggi solari, gli stessi raggi che abbiamo visto
fargli da cornice in molte raffigurazioni durante la Rivoluzione Culturale. È
proprio a questa che allude l’immagine. Come vediamo infatti il titolo
dell’articolo cita: “China’s new revolution. Remaking our world, one deal at a
time”. Mao indossa la divisa ma stavolta marcata Louis Vuitton. È un chiaro
richiamo alla politica denghista e alla trasformazione della Cina in un Paese
consumista, pur rimanendo socialista: quello che Deng Xiaoping chiamò
“Socialismo con caratteristiche cinesi”. Ancora una volta la testata americana
non manca di denunciare un sistema che è basato sulle apparenze, dove di
socialista è rimasta solo l’immagine di Mao e dove la vera rivoluzione, a cui
questo personaggio è associato per antonomasia, è stata l’introduzione di
multinazionali e leggi di mercato. La raffigurazione sottintende anche un altro
messaggio: la Cina non ha il coraggio di prendere una decisione, non può cioè
cancellare il leader dalla propria politica, ma non sa neanche rinunciare ai
vantaggi di una società capitalista.
Come vediamo dunque, le prime
immagini del Grande Timoniere in Occidente erano cariche di quel sentimento anticomunista
che caratterizzò la politica americana della Guerra Fredda. In altri ambiti
artistici l’immagine di Mao ebbe però un ruolo diverso. Alcuni utilizzarono
l’icona del leader cinese per ispirare sentimenti rivoluzionari, altri ne
esaltarono le doti politiche, altri ancora lo trasformarono in una icona pop.
[1] COOK, Alexander C., Mao's Little Red Book: A Global History,
Cambridge University Press, New York, 2014, p. 232
[2] RAO, Nicola, La fiamma celtica, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2010, p.
145
[3] METZGER, Sean, Chinese Looks: Fashion, Performance, Race, Indiana University Press,
Bloomington, 2014, pp.161-163
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