Se l’utilizzo dell’icona di Mao ha avuto il successo che
abbiamo visto in Occidente, in Cina tale fenomeno fu amplificato dal
coinvolgimento personale degli artisti cinesi. Subito dopo la morte del Presidente e dunque con la
fine ufficiale della Rivoluzione Culturale sancita dall’XI Congresso del
Partito Comunista, la Cina si trovò di fronte a generazioni di giovani
disillusi, delusi e confusi dal corso della storia. Migliaia di Guardie Rosse,
prima strumento indispensabile della Rivoluzione Culturale, erano state mandate
nei campi a lavorare. Il periodo di transizione politico caratterizzato da
oscillazioni di potere dopo la morte di Mao fu percepito come un segnale di
libertà. Molti studenti si iscrissero alle facoltà, nel 1978 vennero
riabilitati molti artisti che erano caduti in disgrazia durante la Rivoluzione.
Nell’autunno dello stesso anno sul muro di Xidan a Pechino iniziano a spuntare
i primi dazibao, dando il via al Movimento per la Democrazia. I cartelli
criticavano Mao, chiedevano democrazia ma mettevano anche in discussione il
ruolo del Partito, il sistema stesso. Il movimento venne così dichiarato
illegale nella primavera del 1979. Sebbene si fosse trattato di una
strumentalizzazione da parte di Deng Xiaoping al fine di acquistare potere, il
movimento ebbe una rilevante importanza nell’ambito della creatività artistica.
Come si è detto si trattava di un periodo ricco di sentimenti, cicatrici, per
di più accompagnate da una situazione di incertezza da parte del potere. Gli
artisti lessero nell’aria note di cambiamento, iniziarono a sentire il bisogno
di esprimere il proprio disagio. Il
1979 è un anno cruciale nella Storia dell’Arte cinese in quanto segna l’inizio
dell’arte dissidente e d’avanguardia [1].
Alla
fine degli anni Settanta si andò formando una comitiva di artisti indipendenti
che provocarono una rottura con l’arte cinese concepita fino a quel momento.
Tale gruppo informale prese il nome di Associazione della pittura Stars o più
brevemente Stars Group (xingxing huahui, 星星画会), dalle parole di uno dei fondatori, Ma Desheng 马德升: “ogni
artista è una stella che brilla individualmente[2].
L’artista si riferiva principalmente al periodo della
Rivoluzione durante il quale l’unica stella a poter brillare era
Mao. Il movimento rivendicava l’individualità e l’indipendenza artistica, la
possibilità di potersi esprimere liberamente, di poter rappresentare la realtà
concepita da ognuno di loro, criticava perciò gli standard obbligati dal
Partito.
Il 29 Settembre 1979 Ma Desheng e Huang Rui 黄锐, in
coincidenza con la quinta edizione della National Art Exhibition che li aveva
esclusi, organizzarono l’esposizione di opere di ventitré
artisti. Le opere vennero appese alla cancellata della China Art Gallery e
includevano lavori di quelli che oggi sono considerati grandi nomi dell’arte
cinese come Ai Weiwei 艾未未e Wang Keping王克平. La mostra attirò presto
l’attenzione
della polizia e venne chiusa due giorni dopo. Gli artisti replicarono con una
manifestazione il successivo 1 Ottobre nella quale chiedevano libertà di espressione
e artistica. Grazie ai negoziati dell’Associazione degli artisti cinesi
ottennero il permesso di continuare l’esposizione in Novembre presso il
Padiglione Huafang a Beihai Park. L’anno successivo approdarono alla Cina Art
Gallery attirando più di ottomila visitatori.
Tornando alla materia del presente studio, lo spirito di
apertura che coinvolse tale periodo, condusse alla realizzazione di opere
stilisticamente e concettualmente differenti da quelle prodotte fino a quel
momento. Lo stesso Mao, soggetto a standard di rappresentazione che abbiamo
analizzato nel primo capitolo, divenne oggetto d’interesse di alcuni artisti.
Da
Idolo di Wang Keping a Padre di Luo Zhongli
Tra i
primi a rivisitare la rappresentazione del Presidente fu Wang Keping con l’opera Idolo (ouxiang, 偶像). La scultura potrebbe essere una caricatura del
Grande Timoniere, sebbene l’artista
abbia smentito tale lettura [3]. Il personaggio qui ritratto presenta infatti dei
tratti che ricordano il volto di Mao. Le guance cadenti richiamano invece le
fattezze di un Buddha. Il cappello potrebbe avere un triplice significato:
rappresenta forse un colbacco e richiamerebbe pertanto i legami politici tra
Cina e Unione Sovietica, ma non è improbabile che stia qui a rappresentare il
berretto delle Guardie Rosse, proponendo nuovamente un collegamento politico, o
potrebbe invece rappresentare un copricapo indossato dai Bodhisattva [4]. La
stella al centro del cappello potrebbe alla stessa maniera avere un significato
politico o religioso.
Wang Keping, Idolo, 1979, scultura in legno di betulla, 67 x 40 x 15 cm, Collezione dell’artista, (www.artradarjournal.com) |
In ogni caso l’artista ha voluto porre l’attenzione sul
culto della personalità sviluppatosi durante la Rivoluzione Culturale. Il nome
dell’opera suggerisce infatti una riflessione su come Mao sia stato soggetto ad
una venerazione tale da diventare appunto un idolo, per definizione immagine
venerata come divinità e simbolo di essa, alla stregua di una figura religiosa.
È proprio l’accostamento della figura politica a quella religiosa che propone
quella che Filippo Salviati definisce come dissacrazione dell’immagine di Mao.
L’opera, comparsa alla mostra della China Art Gallery del
1980, si presenta come punto di rottura e di inizio. Abbandona i vecchi canoni
artistici e ne inventa di nuovi. Emerge una nuova visione del leader cinese,
che stravolge la fotografia standard a cui la Cina era abituata. Idolo è un
simbolo di audacia e coraggio, indice di un sentimento di stanchezza che non
può più essere nascosto.
Due anni dopo la galleria ospitò uno dei dipinti ad olio più importanti dell'arte contemporanea cinese. Si tratta di Padre (fuqin, 父亲) dipinto da Luo Zhongli 罗中立. L’artista, laureato presso la Sichuan Academy of Fine Arts di Chongqing, è conosciuto per i dipinti ad olio che raffigurano contadini, operai e appartenenti a minoranze etniche. Alla fine degli anni Settanta rispose alla richiesta ufficiale di distaccarsi dalle tecniche pittoriche convenzionali della Rivoluzione Culturale, verso la produzione di dipinti realistici che ponessero però attenzione al tema dei sentimenti e delle emozioni.
Luo
Zhongli, Padre, 1979,
olio su tela, 227 x 154 cm,
Pechino, China Art Gallery
|
Padre è certamente un ottimo rappresentante di tale
categoria, utilizzato poi come modello. L’opera ritrae un contadino in un
momento di riposo e lo fa in maniera iper-realistica, quasi da rendere
difficile la distinzione da una fotografia. A catturare l’attenzione è
sicuramente lo sguardo, che sembra parlare, rivelarci la stanchezza delle ore
di lavoro. Il volto dell’uomo, solcato dalle rughe e scurito dal sole, rende
omaggio alla dedizione della popolazione cinese verso il senso del dovere.
L’uso dei colori rivela la presenza del sole, sulla punta del naso, riflesso
nella ciotola di thè, guardando il dipinto sembra quasi di percepirne il
calore. Luo Zhongli ritrae un personaggio umile, ma nello stesso tempo eroe.
L’artista assorbe la tradizione realista socialista per ritrarre però personaggi
veri, uomini che hanno un nome, una provenienza reale e una storia da
raccontare. Il contadino qui ritratto ha un volto unico, appartiene solo a lui.
Non ci sono tratti comuni a tutti nella pittura di Luo, ci sono l’individuo ed
i suoi sentimenti. Il soggetto si è spostato dalla dimensione ultraterrena
(Mao) a quella umana. L’unicità dell’opera non risiede tuttavia nella scelta
del soggetto, e neanche nella tecnica di pittura. C’è un particolare che
l’artista aggiunge e che cambia le sorti del dipinto: sull’orecchio sinistro
del contadino è poggiata una penna a sfera. La prima versione dell’opera, priva
di tale particolare, fu soggetta a critiche in quanto lo sguardo dell’uomo
sembrava porre l’accento sulla condizione svantaggiata dei contadini, ritraendoli
come la classe povera che nonostante i progressi della Cina, fosse ancora
indietro coi tempi. L’aggiunta del particolare è dunque motivato da ragioni
politiche. La penna simboleggiava il progresso della classe contadina dal punto
di vista culturale, il numero degli analfabeti era sceso grazie alle misure
adottate dal governo, permettendo anche alle classi più umili di raggiungere
successi nella scrittura. Oltre al fattore politico, vi era inoltre un movente
economico, suggerito dalla complessità degli anni in cui venne realizzato il
dipinto. La penna rappresenta forse un simbolo dei mutamenti economici della
Cina degli anni Ottanta, un avvicinamento verso oggetti di produzione di massa,
quale è la penna a sfera. Non è casuale neanche la scelta del personaggio,
contadino tibetano incontrato dall’autore nel 1975, che potrebbe ancora una
volta avere un significato politico, rappresentando l’attenzione del Partito al
problema delle minoranze culturali cinesi. L’autore
si affida dunque al filone del realismo socialista, distaccandosene per certi
aspetti, e ritraendo un personaggio che possiamo definire simbolico. Ed è
proprio sul piano simbolico che ricerchiamo la presenza di Mao. Innanzitutto le
grandi dimensioni dell’opera
sono un richiamo ai dipinti statuari del Presidente. Entrambi, contadino e Mao,
sono i simboli della Cina comunista, ma è nel nome che troviamo una connessione con il leader.
Padre, inizialmente denominato Padre Mio (wode fuqin, 我的父亲) [5], è anche in nome con cui ci si riferisce a Mao in quanto
padre della nazione. È possibile pertanto che l’autore abbia voluto criticare
la posizione del Presidente in maniera ironica, sottolineando come il
nominativo “padre” spetti piuttosto ad un contadino che lavora sotto al sole e
svolge il proprio dovere.
Il dipinto vinse il primo premio durante la seconda edizione
della Mostra nazionale d’Arte Giovane e fu inserito nella collezione permanente
presso il Museo d’Arte Nazionale cinese a Pechino.
Qualcosa, nell’arte, stava cambiando. Emergeva il coraggio
di nuove idee, di nuove rappresentazioni. Abbiamo visto come due autori
esprimessero senza dichiararlo il proprio pensiero su Mao, come iniziassero a
contestare quel sistema politico inattaccabile. La Rivoluzione Culturale
produsse un esteso numero di artisti che avevano storie da raccontare. Il
Partito, d’altra parte, leggeva storie che non potevano essere raccontate.
[1]DUAN, Lian, 段煉, Tu xiang conglin: Dangdai yishu piping, 圖像叢林:當代藝術批評: 當代藝術批評, Duli zuojia, 独立作家, 2012, p. 233
[2]LU, Peng, 吕澎, Yishu de lishi yu wenti: 20 Shiji zhongguo
yishu shi de ruogan keti yanjiu, 艺术的历史与问题: 20世纪中国艺术史的若干课题研究, op.
cit., p. 104
[3] KÖPPEL-YANG, Martina, Semiotic Warfare: A Semiotic Analysis, the
Chinese Avant-garde, 1979-1989, Timezone 8 Limited, Shenzhen, 2003, p. 121
[4] Ivi
[5] «Fuqin» yiran hen mang 12 yue 13 ri shouci denglu shandong chanchu, 《父亲》依然很忙 12月13日首次登陆山东展出, 2015,
http://luozhongli.artron.net/news_detail_545880, 12/12/2013
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